Il 24 Maggio del 1970, un gruppo di scienziati sovietici prende la storica decisione di perforare la crosta terrestre con l’intento di conoscere e studiare le caratteristiche geofisiche e geochimiche degli strati sottostanti; sarà la grande industria specializzata nella costruzione di macchinari pesanti Uralmas a fornire tutti i mezzi necessari per questa grande impresa, soprattutto le due potentissime perforatrici Uralmas 4E e, in un secondo momento la Uralmas serie 15000.

Bisogna riconoscere che è abbastanza strano constatare come nel corso degli anni si siano sviluppate moltissime conoscenze e tecnologie che hanno portato l’uomo ad affrontare lo spazio e la sua immensità, inviando sonde e satelliti a milioni di chilometri dalla Terra, ed invece pochissime per conoscere cosa si nasconde sotto il suo manto, ovvero addentrandosi verso il Ni.fe. (nome scientifico dato al nucleo terrestre formato prevalentemente da Nichel e Ferro). Alla fine, come in quasi tutte le grandi imprese del secolo XX, gli Stati Uniti si sono lanciati alla scoperta dello spazio, e la Russia invece ha iniziato ad esplorare il sottosuolo.

Una guerra sconosciuta per scoprire le profondità della Terra

Un primo grande buco profondo circa 11 km era già stato scoperto verso gli anni cinquanta, ed era la famosa ‘Fossa delle Marianne’, situata nella zona Nord-Ovest dell’Oceano Pacifico e più precisamente nel bacino che abbraccia Giappone, Cina, e Nuova Guinea, ma parliamo comunque di un buco ricoperto d’acqua, non è la stessa cosa. Basta soltanto pensare che noi viviamo al di sopra di una corteccia spessa circa 50 km, e che questo non è nulla in confronto ai circa 3000 km di cappa che separano la superficie della terra dal suo nucleo centrale, per far sorgere migliaia di curiosità su cosa ci sia lì sotto.

Certamente non sarà facile progredire con le perforazioni e quindi con gli studi; vuoi per la durezza degli elementi naturali che aumenta man mano che si perfora, vuoi per le temperature sempre più proibitive alle quali sono sottoposti i macchinari a disposizione, le condizioni non sono certo le migliori, però conoscere il manto terrestre, i suoi movimenti, i fenomeni naturali che presenta (terremoti, eruzioni), è troppo importante per arrendersi a quest’impresa.

Scavi del SG-3 o Pozzo Superprofondo di Kola

Il luogo degli scavi si trova a pochi chilometri dal confine che separa Russia e Norvegia, in prossimità della cittadina di Zapoljarnyj, nella penisola di Kola; questo sito fu scelto dai sovietici perché considerato il più antico della terra da un punto di vista geologico, e quindi il più ricco di informazioni, dato confermato dalla presenza di rocce ignee a poca profondità dalla superficie, cosa abbastanza insolita e senz’altro da approfondire.

Oltre a ciò, la scelta del sito ci concentrò sulla penisola di Kola perché in questi territori era stata riscontrata anche la presenza di depositi di rame e nichel, e con la perforazione si sarebbero certamente ottenute informazioni importantissime anche sulla formazione di tali depositi. Si incomincia a perforare dunque il 24 Maggio del 1970, e dopo 9 anni viene raggiunta la profondità di circa 10 km, poi nel 1983 si toccano i 12 km, fino a sei anni più tardi, siamo ormai nel 1989, quando si sfiorano i 13 km ma poi bisogna arrendersi definitivamente per le altissime temperature trovate: circa 180 gradi invece dei 100 gradi che gli studiosi avevano pronosticato.

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Dati geologici ricavati nel Pozzo di Kola

Certo l’obiettivo prefissato non si è raggiunto, non si è riusciti ad arrivare a quota 15 km come nei piani più ottimistici, però i dati raccolti hanno avuto enorme importanza per geologi, chimici, geofisici, e tanti altri studiosi; si sono ad esempio potute raccogliere preziose informazioni sulla conformazione dello scudo baltico e della crosta terrestre, si è potuto osservare meglio le ‘linee sismiche’ ed i processi di variazione morfologica ad esse legati, e studiare più da vicino le varie reazioni degli elementi naturali a certe temperature e pressioni.

Sono state addirittura scoperte 24 specie di ‘fossili di plancton’ a circa 6 km di profondità, e si è inoltre notato che le rocce erano piene di fessure e d’acqua, cosa che lascia pensare ad una fuoriuscita di idrogeno ed ossigeno dalle rocce stesse dovuta allo schiacciamento della pressione di tutto l’intorno; campioni di queste rocce sono custoditi nella cittadina di Zapoljarnyj.

E’ possible perforare fino al manto della Terra?

Sarà quasi certamente impossibile anche con la sola immaginazione riuscire a spingersi molto oltre quanto non si sia già fatto negli scavi di Kola; le proibitive condizioni geologiche che si vengono a creare a certe profondità rendono complicatissimo qualsiasi tentativo di ulteriore discesa, ed i materiali non sarebbero in grado di sopportare quelle altissime temperature.

Non si sa mai, potrebbe anche succedere che un bel giorno così come si è trovato il sistema per andare nello spazio si possa anche andare al centro della Terra; in questo senso, e con un obiettivo per i prossimi scavi che sarà quello di raggiungere almeno i 30 km di profondità, studiosi di tutto il mondo sono già all’opera per una prossima grande impresa.